La fascia centrale in via Emilia Ospizio a Reggio Emilia

La fascia centrale polifunzionale

Un elemento che concorre a rendere ordinato il flusso autoveicolare è quello delle riserve centrali inserite sulle strade a semplice carreggiata, elemento che ha dimostrato, negli ormai numerosi casi applicativi relativi a molte e differenti tipologie di strade, di poter ottenere effetti decisamente positivi.

Grazie a tale dispositivo infatti si ottengono:

  • l’eliminazione delle manovre di sorpasso, causa primaria dell’incidentalità grave in ambito urbano, in particolar modo in corrispondenza degli attraversamenti pedonali;
  • un ordinamento dei flussi in corridoi più ristretti, con riduzione ed omogeneizzazione delle velocità;
  • un sensibile incremento della permeabilità trasversale della strada;
  • un facile e sicuro inserimento degli elementi di protezione degli attraversamenti pedonali (isole salvagente);
  • una possibile fascia di ricovero per ospitare in sicurezza le manovre in svolta a sinistra (fascia polifunzionale centrale).

La fascia centrale polifunzionale, che attenzione non è una terza corsia di marcia come erroneamente interpretato bensì una corsia di manovra per le svolte a sinistra e per il superamento a bassa velocità dei veicoli fermi in carreggiata o in fase di manovra di parcheggio, ha quindi dimostrato nell’esperienza europea ed italiana di poter ridurre fortemente l’incidentalità moderando notevolmente le velocità di percorrenza, proteggendo gli attraversamenti pedonali e consentendo così la convivenza in sicurezza tra i diversi utenti della strada.

Tale soluzione è adottata ormai regolarmente lungo le strade principali e secondarie delle città europee proprio per la capacità di ridurre il classico “effetto barriera” aumentando notevolmente la permeabilità della strada da parte dell’utenza debole.

Si tratta di riprendere il concetto di living street, mutuato dal contesto anglosassone, e da anni praticato anche in altri paesi europei, che riferisce della possibilità di pensare alla strada urbana non solo come asse di scorrimento del traffico veicolare, quanto come spazio di relazione tra una pluralità di utenti (automobilisti, pedoni, ciclisti, residenti, studenti ..) e di funzioni. In tal senso, la riduzione reale della carreggiata può avere un importante effetto di moderazione delle velocità, oltre a consentire un guadagno di spazio, sempre interessante, da dedicare al miglioramento della circolazione di pedoni e ciclisti, per piantumazioni o per la sosta.

A volte la semplice riduzione di carreggiata non è sufficiente per indurre a moderare la velocità, soprattutto nei momenti in cui il traffico è poco intenso. E’ quindi necessario introdurre varianti quali la separazione delle due corsie di marcia utilizzando una fascia polivalente centrale in modo che l’automobilista non si senta “autorizzato” a procede a velocità elevate quando la strada è libera.

I risultati sono ormai evidenti nell’esperienza europea, e da qualche anno anche italiana: a Settimo Milanese (MI) per esempio, nei quattro anni successivi alla realizzazione della fascia polifunzionale non si sono più verificati incidenti di una certa gravità, contro i 12 del quinquennio precedente. Si sono cioè evitati 14 incidenti che avrebbero provocato il ferimento di 3-4 persone. A Reggio Emilia lungo la via Emilia, con un flusso di auto giornaliero superiore ai 20.000 veicoli, da quando è stata realizzata la fascia centrale non si son più registrati incidenti gravi (nei 6 anni precedenti l’intervento si erano registrati 319 incidenti per un totale di 420 feriti e 3 morti), è aumentata molto la permeabilità della strada da parte dell’utenza debole, le velocità di punta si sono ridotte notevolmente ed è aumentata di conseguenza la fluidità del traffico.

E’ proprio la larghezza eccessiva della carreggiata a provocare velocità pericolose, poco compatibili con la presenza dei ciclisti, e l’elevata incidentalità registrata negli ultimi anni lungo via Varese ne è la dimostrazione. Proporre quindi di non realizzare la fascia centrale polifunzionale vuol dire lasciare sostanzialmente la situazione invariata, con tutti i problemi rilevati in fase di analisi rispetto agli eccessi di velocità, alla conseguente incidentalità ed alla difficoltà di attraversamento della strada da parte dell’utenza debole (la fascia consente di inserire le isole salvagente). Pensare ancora alla fluidità del traffico e non alla moderazione delle velocità, alla sicurezza della strada ed alla necessaria permeabilità da parte di chi non si muove con l’automobile.

Per quanto riguarda le manovre di ingresso/uscita dagli stalli di sosta in linea, è proprio la presenza della fascia centrale a consentire di superare il veicolo in manovra a bassa velocità ed in sicurezza, evitando la possibilità di incidente frontale come avviene nello stato attuale. Sono inoltre evidenti i vantaggi di tale sistemazione rispetto alla situazione attuale in cui la sistemazione della sosta a 90 gradi risulta essere molto più pericolosa.

Per quanto riguarda la presenza delle corsie ciclabili, mi chiedo rispetto a quale dato scientifico (fondamentale per capire se le soluzioni progettuali sono corrette) si ritenga che “sia poco credibile la convivenza tra ciclisti e veicoli a motore”: le numerosissime esperienze europee dimostrano il contrario con tanto di dati e verifiche durate più di 20 anni. In tutta Europa si stanno realizzando corsie ciclabili lungo le strade principali, messe in sicurezza con interventi di moderazione del traffico come la fascia centrale polifunzionale. Ed i risultati sono evidenti: aumento della ciclabilità a livelli esponenziali. Di seguito una serie di immagini di città europee.

Anche nel progetto della via Emilia sono state inserite corsie ciclabili lungo la carreggiata e la possibilità della convivenza è stata dimostrata proprio nei 3 anni successivi alla realizzazione: avendo ridotto in generale la velocità dei veicoli ed in particolare le velocità di punta, quelle più pericolose, la gran parte dei ciclisti utilizza tranquillamente la corsia ciclabile. Genitori con bambini ed anziani, che sono una piccola parte e che hanno velocità decisamente inferiori rispetto ai ciclisti adulti che vanno a lavorare, possono percorrere tranquillamente i marciapiedi ciclopedonali esistenti, con velocità adeguata alla compresenza con i pedoni.

Come evidenziato infatti da tutta la manualistica di progettazione di reti ciclabili, ‘…i ciclisti non sono un’entità omogenea, ogni categoria pone esigenze diverse…’. La Comunità Europea in particolare, nelle sue considerazioni a proposito delle piste ciclabili, e vista anche l’esperienza maturata nei paesi nordici, distingue due grandi categorie di ciclisti: le tartarughe e le lepri. Le Tartarughe (anziani, genitori con bambini, …) sono quei ciclisti che non hanno particolare fretta, richiedono una protezione maggiore e utilizzano le piste per il tempo libero, per andare a fare la spesa, per andare a scuola, mentre le lepri (ragazzi e adulti) sono i ciclisti che vogliono muoversi velocemente, che richiedono una protezione minore e che utilizzano la bicicletta per andare a lavorare, alla scuola superiore, muoversi agevolmente all’interno della città e del proprio quartiere. I ciclisti tartaruga quindi trovano più sicuro muoversi in sistemi separati, peraltro di raggio locale, che in effetti affrontano con velocità e comportamenti maggiormente compatibili con le criticità sopra evidenziate, e possono in particolare meglio gestire una maggiore promiscuità con i pedoni. E’ necessario quindi considerare tutte le categorie di ciclisti per evitare pericolosi conflitti e incrementare l’utilizzo del mezzo a pedali da parte di tutti.

Per verificare l’efficacia degli interventi condotti dall’Amministrazione nel 2010 lungo via Emilia Ospizio è stata condotta la metodologia delle mappe di confronto.

Nell’analisi sono stati considerati quindi i trienni 2007-2009 (prima dell’intervento) e 2013-2015 (dopo l’intervento), relativamente agli incidenti georeferenziati (pari a circa l’80% dei dati complessivi ISTAT in questi trienni).

Complessivamente sono stati analizzati i dati risultanti dei due trienni, sia in valori complessivi che quelli relativi ad incidenti che coinvolgono ciclisti e/o pedoni, confrontandoli inoltre coi corrispondenti dati alla scala comunale.

Si osserva dalle coppie di tabelle come a livello di numero di incidenti e feriti totali nel tratto osservato si ha un trend analogo a quello complessivo sull’intero territorio comunale (tenendo esclusa la componente autostradale), mentre per quanto riguarda gli incidenti con ciclisti e/o pedoni (gli utenti vulnerabili della strada) si nota una netta controtendenza.

Se a livello generale (dato confermato anche a livello nazionale) il numero degli incidenti (e quindi dei feriti) per la componente debole sta crescendo (sia in senso assoluto che relativo), nel tratto oggetto di intervento si evince invece una netta riduzione del fenomeno incidentogeno.

Questi risultati dimostrano come l’inserimento della fascia polifunzionale centrale, con gli attraversamenti protetti, permetta una maggiore sicurezza per l’utenza debole, in particolare nella fase di attraversamento della sede stradale senza perdita di capacità, e riduca di conseguenza notevolmente l’effetto barriera indotto dalle strade della rete principale.

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